La violenza contro le donne ha molte facce: alcune più eclatanti che leggiamo tutti i giorni sui giornali, altre più subdole e quotidiane, che in molte vivono tra le mura domestiche. La violenza sulle donne si può definire anche violenza di genere perché è agita tra generi e prevalentemente dal genere maschile su quello femminile.

 

Anche se tutte le violenze alle donne sono causa di grandi sofferenze e umiliazioni, di esse si parla poco, perché coperte da tabù e vergogna.

 

Quando si sente parlare di una donna maltrattata sono molti a chiedersi dove è finita la sua forza di volontà, perché non reagisce, perché non si protegge? Si arriva anche a pensare che se la sia un po’ voluta, dato che non ha voluto reagire e denunciare….

 

Attraverso questi pensieri e questi giudizi si compie un’operazione di allontanamento del fenomeno da sé, lo si colloca in un luogo remoto, che non ha confini in comune con la nostra vita e il nostro modo di pensare, che ci fa prendere le distanze e crea ostilità anziché empatia. Questo accade in maniera talmente potente che quando le vittime siamo noi o altre donne della nostra cerchia ci pare impossibile che questo possa accadere, ed è solo allora che spiccano agli occhi le contraddizioni: quella donna che vediamo subire dice di amare il suo aguzzino, dice di poterlo perdonare, lui è convinto che non si ripeterà più, che è stato solo un episodio.

 

Le donne vittime di maltrattamento sentono di essere in qualche modo strane, isolate, non conformi, calate in un mondo in cui sono le uniche ad essere “non normali”: un atteggiamento di rimozione e di negazione del maltrattamento non serve solo ad esorcizzarlo, ma a generare una collusione con esso.

 

I dati internazionali ci dicono che per le donne tra i 15 e i 44 anni la violenza è la prima causa di morte e di invalidità; ancor più del cancro, della malaria, degli incidenti stradali e persino della guerra. La violenza sulle donne è un fenomeno trasversale, che colpisce tutte, anche le donne italiane, ricche, colte, istruite….normali.

 

Il luogo dove la violenza si realizza è principalmente la casa, quel posto che noi consideriamo come maggiormente sicuro e di protezione e di conseguenza colui che agisce violenza non è quasi mai un estraneo, ma nella maggior parte dei casi il compagno, il marito, l’ex compagno.

 

Perché le donne maltrattate non lasciano?

Le donne vittime di violenza sono paralizzate dalla loro situazione traumatica: gli esiti che il trauma (Disturbo da Stress Post Traumatico) genera sono generalmente composti da confusione e congelamento emotivo. La paralisi emotiva, che a volte dura alcuni anni o tutta la vita, impedisce di trovare soluzioni e di riallacciare altre relazioni o di confessare a qualcuno il dramma in corso e di prenderne coscienza.

 

Quali sono i tipi di violenza che un uomo può esercitare su una donna?

E’ sempre molto importante nominare il maltrattamento perché è solo attraverso questa semplice azione che le donne possono riconoscersi e prendere coscienza che quella cosa che hanno subito si chiama maltrattamento.

 

Violenza fisica

Può essere definita come ogni forma di violenza contro il corpo della donna, o le sue proprietà. Viene agita nei modi più vari: aggressioni, schiaffi, pugni, tentativi di strangolamento, ustioni, ferite con o senza armi, mutilazioni genitali.

La violenza può essere agita anche sugli oggetti di proprietà della donna: mobili, telefonini, abiti, documenti, oggetti personali.

Essa provoca terrore e pietrifica le donne che la subiscono, generando uno stato di asservimento tale per cui, successivamente, per esercitarla è sufficiente evocarla attraverso la minaccia.

 

Violenza psicologica

Si realizza in ogni abuso o mancanza di rispetto che lede l’identità della persona, attraverso l’esercizio di potere e controllo, critiche, umiliazioni, mortificazioni in privato e in pubblico, insulti, controlli e pedinamenti, minacce di far del male alla donna stessa, ai suoi figli o di suicidio da parte dell’aggressore.

Capita spesso che vengano messe in dubbio le capacità di essere una brava moglie o madre, di cucinare, lavare i panni, fare la spesa, di svolgere cioè tutte quelle mansioni legate al lavoro domestico. Altrettanto spesso, inoltre, le donne sono isolate dall’ambiente familiare e sociale, vengono impedite e a volte tagliate le relazioni con la famiglia di origine, con la rete amicale, vengono proibiti i contatti con le reti lavorative. La violenza psicologica è molto sottile e sicuramente più subdola di quella fisica. Prova fortemente le donne che la subiscono, minando la loro autostima e l’immagine che loro hanno di loro stesse, agendo sulla colpevolizzazione e sul senso di colpa. Queste azioni creano un legame fine e indissolubile con l’aggressore, perché si sviluppano in un ambito di apparente normalità.

 

Violenza economica

Si intendono tutti quei comportamenti che mirano a realizzare la dipendenza economica, ad imporre impegni finanziari non voluti, a controllare ossessivamente e nei minimi dettagli il bilancio familiare, alla esclusione della donna da qualsiasi informazione o decisione economica, all’impedimento all’uso di carte di credito o bancomat, all’impedimento di trovare un lavoro o di lasciarlo. La dipendenza economica, talvolta, si accompagna a stati di privazione estremi, anche legati alla soddisfazione dei bisogni primari: mancanza di cibo o di denaro per provvedere alle necessità più elementari proprie e dei figli.

 

Violenza sessuale

Si realizza in qualsiasi atto sessuale imposto contro la volontà della donna, come aggressioni, stupro, incesto, costrizione a comportamenti sessuali non desiderati, umilianti, dolorosi, obbligo all’utilizzo o alla realizzazione di materiale pornografico.

 

Stalking

Il termine inglese “stalking” (letteralmente: perseguitare) indica quegli atteggiamenti tramite i quali una persona affligge, perseguita, un’altra persona con intrusioni, appostamenti, tentativi di comunicazione ripetute e indesiderate, come ad esempio lettere, telefonate, e-mail, sms, tali da provocare nella vittima ansia e paura, e da renderle impossibile il normale svolgimento della propria esistenza. Lo stalker può essere un conoscente, un collega, un completo estraneo, oppure nella maggior parte dei casi un ex-partner. In genere essi agiscono per recuperare il rapporto precedente o per vendicarsi per essere stati lasciati.

 

La violenza assistita

Spesso i testimoni passivi delle violenze sulla propria madre sono i figli, che sono vere e proprie vittime a loro volta. Gli esiti della violenza assistita possono essere devastanti, addirittura equiparabili alla violenza diretta. Spesso gli uomini impediscono alle loro donne di separarsi usando proprio l’arma dei figli: una minaccia classica è quella di togliere i figli in caso di separazione, situazione quasi inesistente nella realtà perché la madre, soprattutto in caso di maltrattamento, viene vista come un punto di riferimento per i bambini.

 

Come uscire dal maltrattamento

E’ possibile dire che le donne riescono ad uscire da una situazione di maltrattamento semplicemente perché in molte ci sono riuscite.

Riconoscere di essere una donna che subisce maltrattamenti è il primo passaggio per poter uscire da una relazione violenta. E’ un processo difficile e faticoso, che spesso genera molta sofferenza perché uscire allo scoperto significa anche dichiararlo agli altri e ciò è accompagnato da una profonda vergogna e senso di umiliazione.

Alcune donne riescono a compiere tutti questi passaggi da sole, investite di una forza nuova, altre hanno la necessità di chiedere aiuto per poter sostenere una situazione difficile e complessa: gestire la separazione, gli avvocati, la propria vita e le proprie relazioni, il lavoro, i figli, i parenti, a volte la fuga, altre volte il maltrattamento che si trasforma in stalking.

A differenza di alcuni anni fa per fortuna ora si parla diffusamente di questo fenomeno e ciò ha contribuito a studiarlo e a fare in modo che sul territorio si diffondessero associazioni, centri antiviolenza, professionisti, in grado di affrontare questa problematica.

Una psicoterapia può aiutare a ripercorrere la propria storia, sia di vita sia affettiva, per comprendere quali sono le cause che hanno favorito l’incorrere in una relazione maltrattante e per riuscire ad emanciparsi da essa.

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