BY: Paola Danieli
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Le ragnatele sono fatte apposta per conservare al loro interno le prede a lungo: sono costruite attraverso l’unione della seta in vari punti ben precisi perché reggano la tensione, la pressione e il peso.
Il ragno è capace di emettere due tipi di filamenti per intrappolare meglio: il primo tipo è creato per agire direttamente sulle vittime, bloccando gli insetti di cui si ciba, mentre il secondo è quello utilizzato per costruire la ragnatela, oggetto di studio di molti ricercatori per via delle sue proprietà tecniche. Essa, infatti, pur apparendo fragile e facilmente annientabile, quasi un nulla, è particolarmente resistente: il suo carico di rottura è confrontabile all’acciaio di alta qualità!
Il ragno agisce in maniera inesorabile sia sull’insetto che intende catturare, sia sull’ambiente che lo circonda, creando una condizione difficilmente contrastabile perché più la preda si dibatte più si immobilizza: i mezzi che usa sono all’avanguardia per capacità di annichilimento.
Anche la condizione di chi è vittima di dipendenza affettiva è di annichilimento, travestita da un intensissimo, appassionante, totalizzante ed ossessionante modo di vivere le relazioni d’amore.
Il rovescio della medaglia è rappresentato dalla consegna completa ed incondizionata di se stessi ad un altro essere umano. Le relazioni che partono con queste premesse sono caratterizzate dall’invischiamento, proprio come se ci si trovasse in una perfetta tela tessuta da un ragno che sa il fatto suo: ovunque si metta piede si resta appiccicati e il passo successivo non fa che aumentare il legame e allo stesso tempo il senso di trappola, fino a sentirsi completamente preda o vittima del ragno, in uno stato di disarmo e passività.
Si è martiri della dipendenza affettiva quando si concede troppo, quasi tutto di se stessi, giustificando il brutto carattere del partner e i suoi soprusi, adattandosi a qualsiasi condizione e lasciando inascoltati i propri bisogni per modificarli e piegarli alla volontà dell’altro.
Questo stato di schiavitù emotiva mette a repentaglio la propria sanità mentale, minando alla base l’autostima e il proprio senso di identità, malgrado umiliazioni, pesci in faccia e prove evidenti che non si tratta di una relazione di reciprocità ma di un vero e proprio senso unico.
Talvolta si realizza a fatica di essere vittime di una vera e propria dipendenza perché i legami rendono sempre un po’ dipendenti e il dipendere fa sempre un po’ parte dell’amore. Ma alcune volte la partita si complica, ci si ritrova veramente fragili e vulnerabili a mendicare le briciole di un riconoscimento affettivo, probabilmente quello che non si è mai riusciti ad avere.
Cosa protegge dalle dipendenze affettive? Probabilmente l’essersi sentiti riconosciuti e di valore nelle relazioni primarie, l’essere stati amati abbastanza, l’essersi sentiti voluti, desiderati e amati.
La “ferita dei non amati” apre la strada a tentativi di saldare crediti emotivi che risalgono a molto tempo prima e allora si puntano i piedi sulle relazioni sbagliate, sperando di ottenere, finalmente, il dovuto risarcimento.
Uscire dalla tela del ragno significa:
- Riconoscere di aver abdicato il proprio progetto di vita a favore di quello del proprio compagno;
- Prendere atto che sarà un passaggio di sofferenza, ma molto meglio soffrire per il proprio bene che per il proprio male;
- Farsi carico della propria situazione: nessuno può salvare la vittima della dipendenza affettiva o sostituirsi ad essa;
- Normalizzare il senso di vuoto: solo accettandolo e sentendolo si trova la strada per colmarlo;
- Sperimentarsi nel darsi cura e amore. Il vuoto, nel tempo, sarà colmato dal benessere che deriverà da questa nuova capacità;
- Imparare a riconoscere quali sono le relazioni positive e quali quelle negative, quali quelle in cui si è amati e quelle in cui ci si sente usati;
- Comprendere dove e quando si è gettato il seme della propria fragilità; dove e quando e perché si è rinunciato a costruire un progetto proprio.
- Prendere coscienza del potere che abbiamo all’interno delle nostre relazioni per poter passare da un ruolo di vittima ad un ruolo di protagonista. Vittima e carnefice si incastrano perfettamente in atteggiamenti complementari, come la chiave nella serratura. Ogni vittima esiste grazie al proprio carnefice e viceversa. La “vittima” dipendente affettiva percepisce il proprio compagno in maniera idealizzata, come potente e invincibile, esaltandolo senza sospettare minimamente di avere a che fare con una personalità fragile e deteriorata e senza immaginare di essere necessaria e indispensabile al proprio “carnefice”.
Molte persone ci sono riuscite e sono uscite dalla tela del ragno ricostruendo, seppur faticosamente, la propria identità e la propria vita.