Come si può facilmente comprendere anche dall’etimologia della parola, la crisi rappresenta un momento apicale e di passaggio al quale fanno seguito dei cambiamenti dovuti a delle scelte.
criṡi (ant. criṡe) s. f. [dal lat. crisis, gr. κρίσις «scelta, decisione, fase decisiva di una malattia», der. di κρίνω «distinguere, giudicare»]. –
Non si tratta quindi di una condizione cronica e imperturbabile senza nessuna possibilità di cambiamento, ma rappresenta una rottura degli equilibri precedenti, in cui sussulta il nostro abituale modo di vedere il mondo e di percepire noi stessi.
Si tratta spesso di momenti molto difficili, in cui ci sentiamo soli e abbandonati, in preda alla paura e alla disperazione, bloccati in una situazione mai vissuta prima e che ci sembra senza nessuna via di uscita. La causa di tutto questo può essere imputata a molti fatti della vita come la perdita del lavoro, la fine di una relazione importante, la conclusione di una fase di vita (fine dell’università, il pensionamento, la nascita di un figlio).
La crisi rappresenta una condizione molto conosciuta ed esplorata dall’uomo ed è stata descritta da sommi poeti:
“Nel mezzo del cammin di nostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura
Chè la dritta via era smarrita”
Dante Alighieri, inferno, Canto I
Quando la crisi permane senza essere risolta può accadere che contagi diverse situazioni di vita: quella affettiva, quella lavorativa, quella sociale. Nei casi estremi si cercano rimedi estremi, come le droghe, l’alcol o gli psicofarmaci che abbassano la soglia dell’angoscia provocando uno stordimento momentaneo e un allontanamento dalla situazione problematica. In questi casi, purtroppo, raramente aumenta la conoscenza di sé e di ciò che ha scatenato la crisi e la persona rimane in una specie di limbo e di stato di malessere. Altre volte è il corpo a farne le spese e la crisi si trasforma in malattia organica e in problemi di ordine psicosomatico.
La crisi, pertanto, si presenta come la manifestazione della necessità di cambiare casa, di crescere, di svoltare, come racconta questa breve storiella che io amo molto:
La storia dei granchi veneti è una storia molto cruenta…
chiamati Carcinus Mediterraneus o volgarmente granchi verdi vivono in acque salate e salmastre e prediligono le zone litoranee con acque basse e lagune.
In quella veneta si trovano a meraviglia… almeno in certi periodi.
La loro tragedia comincia nel momento in cui il nostro granchio deve cambiare il suo carapace (o esoscheletro per i tecnici) perché…non ci sta più nella pelle, deve crescere, e per farlo deve sbarazzarsi di quella vecchia. Se non facesse la muta non diventerebbe adulto, ma facendolo si sottopone a tutta una serie di possibili disgrazie che possono portare a diversi tipi di morte cruenta: fritti in padella, attaccati ad un amo come esca per pesci (sono un’ottima esca per la pesca al branzino), vergognosamente mangiati da gabbiani o da altri uccelli.
Quando la moleca non ha il suo carapace che la protegge è fragile e “mollacciona”, ma se non passasse da questo stato non potrebbe mai crescere!
Morale: i momenti di crescita sono momenti di fragilità e rischio perché si abbandona il vecchio carapace protettivo per trovarne uno tutto nuovo!
La crisi, quindi, non è un evento totalmente negativo, ma una transizione che può essere un’opportunità di crescita in cui percorriamo la strada per costruire un’identità più matura e ricca.
Nella lingua cinese la parola crisi è composta da due ideogrammi: “problema” (wei) e “opportunità” (ji).
La nostra cultura ci ha educati a cogliere immediatamente l’aspetto negativo di un evento critico, ma nessuno ci ha insegnato a vedere i lati positivi legati alla rottura degli equilibri precedenti e alla costruzione di altri.
Vista da questo punto di vista la crisi rappresenta un momento prezioso in cui mettersi in discussione per ripensare a se stessi e alla propria identità perché le antiche soluzioni non funzionano più.
Quello che dobbiamo a noi stessi nella condizione di crisi è la possibilità di esplorarla per decidere la nostra nuova strada.