30 Ago 2014

BY: Paola Danieli

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Comments: 6 commenti

Chi è nato e cresciuto in un ambiente famigliare caratterizzato da tristezza e depressione, ha maggiore possibilità di sviluppare una visione completamente negativa della vita, talvolta vivendo i momenti di serenità e felicità come colpa e tradimento nei confronti dei propri cari.

Dato che la qualità della vita è molto condizionata dalla capacità di sperimentare piacere e provare desiderio, uscire dalla condizione della tristezza ambientale ha come punto di partenza il legittimarsi la volontà di cambiamento, che corrisponde all’acquisire consapevolezza che il proprio ambiente familiare ha fortemente condizionato il modo di approcciare la vita.

I propri cari e il clima che ci hanno proposto e ci propongono possono rappresentare una sabbia mobile dalla quale non si riesce a uscire, un’emotività che è talmente radicata nell’inconscio più profondo da rappresentare una maledizione che non si riesce a sconfiggere. E’ con potenti immagini di condizionamento ed invischiamento che di solito vengono descritte le atmosfere familiari “pesanti”, che sono state in grado di permeare qualsiasi accadimento della propria infanzia e della propria giovinezza. Questa sensazione può risultare opprimente al punto da condizionare tutto in maniera decisiva e insopportabile, fino a comprendere che i fallimenti e le sofferenze che si incontrano nel presente sono dovuti a quelle antiche esperienze.

Le credenze familiari negative confermano che le cose “non potevano che andare in questo modo” e la profezia negativa, alimentata da una visione funesta, si auto avvera. Nulla è così potente e devastante come il vedere tutto nero.

Le cause della tristezza familiare possono essere ricercate in un orientamento depresso di alcuni membri o in tratti di personalità, in particolare di uno o entrambi i genitori, oppure in un trauma o in una malattia, il cui alone negativo continua a condizionare la vita quotidiana di tutti, bambini compresi. Anche chi ha desiderio di cambiare e di emanciparsi da questa situazione viene risucchiato nel vortice dell’umore nero e ogni insuccesso conferma l’impossibilità a farcela e alimenta la rassegnazione.

Come guadagnarsi la possibilità di vivere positivamente la propria vita ed accettare che essa possa esser strutturata sia da cose negative che positive, da un trend di alti e bassi che include discese ardite e risalite?

E’ fondamentale, tanto per cominciare, non aspettarsi approvazione e sostegno per il nuovo atteggiamento di positività da parte dell’ambiente che non ci ha insegnato a coltivarlo: la famiglia. Talvolta, anzi, la colpa per lo stare meglio e il vivere momenti di positività è talmente forte da far desistere il soggetto: non è semplice per alcuni tollerare di stare bene. Non attendiamoci approvazione, quindi, ma casomai il ricatto emotivo: “se fai parte del nostro gruppo familiare devi accettare il nostro modo di essere e di pensare, altrimenti significa che sei fuori e non ci ami abbastanza”.

Se ci si sente pronti a lasciare l’ambiente grigio-nero è bene circondarsi da chi può offrire punti di vista diversi. E’ chiaro che decidere di affrontare il mondo con uno spirito positivo, uscire dalla rassegnazione, genera sentimenti di paura dovuti alla non abitudine di affrontare le avversità per rovesciarle, anzichè accoglierle come ovvie e incontrovertibili.

Poter entrare in contatto con prospettive diverse, indagare la causa della propria negatività, scoprirne i semi e le radici e riedificare la propria casa in modo diverso con l’aiuto di chi può farci scoprire risorse e talenti fino allora taciuti, può essere l’alba di una nuova nascita.

6 commenti

  • hopefully

    È verissimo. Io non mi sono sposata per non dover invitare i miei che sarebbero venuti per dovere ma non per piacere… Mi hanno convinta a desistere, pena l’esclusione dal gruppo dei ‘tristi sempre’ …

    Gennaio 2, 2015 | Reply

  • Chiara

    Eccomi!ne faccio parte. Tra un mese mi laureo e i miei sono ancora a discutere se venire o meno. È veramente deprimente. 🙁

    Ottobre 19, 2016 | Reply

  • roberta

    ecco perchè sognavo sempre la casa della nonna…da lì è cominciata la tristezza della famiglia di mia mamma..la foto che hai messo è uguale al sogno! 😉 grazie

    Marzo 12, 2018 | Reply

  • Claudia

    È un ambiente che conosco molto bene anch’ io. Confermo è davvero deprimente e debilitante…

    Febbraio 18, 2020 | Reply

  • Giuseppe Duro

    Io ho vissuto con un padre alcolista, che non faceva altro che smnuirti, in una via che aveva la fama del Bronx, e ti sfottevano e ti menavano. Con un maestro che dato che alcuni di noi venivano da lì ci trattava con superficialità alzandoci pure le mani. Una mamma triste che aveva un po le manie di persecuzione e doveva lavorare perché mio padre, pur sapendo fare e sapendosi arrangiare in tanti mestieri non aveva voglia di lavorare. Lavorava per conto proprio raccogliendo il ferro. Come potevo crescere secondo voi con questo breve, quadro idilliaco che sto proponendo? Le strutture non aiutano sul serio. Io avevo molti sogni fin da bambino, molte speranze che mi sono state ammazzate fin da piccolo. Ricordo le parole di mio padre, scemo! Coglione! Non sai fare un cazzo! A volte è arrivato a dirmi pure ricchione. Bello e? Un maestro che ci alzava le mani che pur segnalato a quei tempi e che mi terrorizzava non presero mai provvedimenti. Una volta alla lavagna, facevo la seconda forse elementare, perché confuso ed impaurito non riuscivo a fare uno più uno, ma perché terrorizzato, mi sbatte’ la testa contro la lavagna più volte che mi urinai addosso. Questo maestro entrò pure in politica e divenne pure assessore o qualcosa del genere nel comune dove abito. Ora ho 44 anni, mio padre è morto, a me alla fine buttato nell’alcool mi diedero l’invalidità. Tutto meraviglioso no? A 18 anni ero scappato a Londra si può dire, per cercare di crearmi un futuro migliore. Era il 1992, mi chiamarono a tutti i costi per venire a fare la visita militare. Dovetti tornare da Londra. Una volta fatta dato che ormai ero di nuovo in Italia e trovai un lavoro in una cooperativa rimasi qui. Alla fine la crisi mondiale del lavoro, mi diedero appunto poi l’invalidità perché per tutto questo e ancora di più non ci stavo più dentro. Ora sto meglio ma con una invalidità abbastanza alta parecchio, 80%, con una diagnosi funzionale per ottenere un lavoro abbastanza invalidante, non posso fare questo, non posso fare quello, non posso stare molto a contatto coi colleghi. Tutta roba che alla fine non corrisponde proprio al vero. Sono senza lavoro con una piccola borsa lavoro, e la pensioncina di 280 euro. Mi sono rivolto al sindaco per trovarne uno, all’ufficio per l’impiego, all’assistente sociale al comune dove abito e nulla! Secondo voi essere positivo va bene ma sto macigno di vita come lo espello senza avere una tale rabbia che se non fossi una brava persona farei una strage?!.. E logicamente non vi ho raccontato tutto.

    Marzo 25, 2020 | Reply

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