BY: Paola Danieli
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E’ comune ascoltare e percepire un senso di disagio nei confronti dell’amore, si tratta di un fenomeno trasversale, che condividono sia uomini che donne, tutte le classi sociali, vecchie e nuove generazioni.
L’amore contemporaneo sembra aver lasciato per strada la passione naturale e l’espressione istintuale, diventando un luogo indefinibile di controllo e non abbandono, accidentato e pericoloso, una vera e propria selva oscura dalla quale è logico e di buon senso proteggersi e tutelarsi.
Eppure, almeno sulla carta, in nessun’ altra epoca ci si è potuti esprimere liberamente come nella nostra nelle relazioni affettive. La liberazione sessuale e femminista dovrebbe aver creato le condizioni per consentire a tutti, uomini e donne, di esprimersi liberamente e senza imposizioni o forzature nei legami, l’evoluzione del costume e dei diritti civili dovrebbe aver spianato la strada alla realizzazione libera e sincera, consentendo la possibilità di scegliere relazioni autentiche e in grado di garantire l’individuazione, la libertà è la realizzazione di sé. L’esatto contrario dell’amore imposto, stereotipato, dovuto, preteso e vissuto come unica possibilità di progettare la propria esistenza.
Ci si sente insicuri e spaventati dall’amore, lontani dall’esprimere con coraggio e determinazione sé stessi, le proprie pulsioni e i propri sentimenti, nascondendosi dietro passioni tiepide, che non vanno ne avanti ne indietro, ma garantiscono a chi le vive la protezione dall’ignoto e dall’imprevedibile, ma soprattutto dalla solitudine.
Grandi romanzi, poeti, scrittori, narratori di ogni genere ci ricordano che l’amore è fortemente imparentato con il coraggio perché l’assioma di ogni amore, il punto dal quale ciascuna relazione affettiva parte è la resa, l’abbassamento delle difese e delle barriere di protezione per “lasciar passare” se stessi e l’altro e per favorire un’ideale fusione.
E’ ovvio che ci voglia coraggio; se l’amore è passione e la passione è fuoco, è intelligente pensare che il fuoco possa bruciare, ma se esso rappresenta un istinto, qualcosa che fa parte della nostra naturale dotazione, possiamo anche pensare di essere naturalmente dotati delle forze che ci servono per gestirlo, coraggio compreso.
Nelle nostre vite, però, ci troviamo a vivere relazioni asfittiche e sospese, senza progetti e futuro. Cosa ci manca? Si tratta forse del coraggio di accettare che la turbolenza fa parte dell’amore e che le nostre relazioni non possono esserne prive? Si tratta di vincere un conflitto tra il desiderio di vivere l’amore e la paura che ci spiani, che ci annulli?
Quest’epoca liquida iper-razionale ci ha resi vulnerabili e stanchi, a volte abbiamo intravisto amori che non c’erano, altre volte abbiamo rinunciato e ci siamo arresi per paura di comprometterci troppo, altre volte ancora abbiamo trovato un caldo cantuccio in cui abbiamo atteso, atteso, atteso….
Trovare un’identità e un modo di essere nelle relazioni d’amore era molto più semplice fino ad una trentina di anni fa. In questo momento tutto sembra orientarci a progetti individuali, legati alla costruzione della propria strada, anche se osteggiata da mille fattori socio economici, in cui l’unica certezza è il guadagnarsi tutto da soli e, in questa logica, aderire ad una relazione può anche voler dire rinunciare ad una parte di sé faticosamente costruita e strutturata.
Soprattutto in situazioni in cui le relazioni affettive, amorose e/o familiari, hanno generato grandi sofferenze è molto difficile rimettersi in gioco e ritrovare il coraggio. Il precariato amoroso produce, così, amori a tempo determinato e a progetto e sembra difficile trovare compromessi per raggiungere maggior stabilità, perché significa sperimentare l’audacia per rinunciare a una parte di sé, ma sempre in un clima d’ incertezza che qualsiasi temporale può scalfire.
Viviamo situazioni complesse e complicate, si fa fatica a capire, a riconoscere e a riconoscersi in una relazione, le esperienze arrivano oscurate dal desiderio e dalla fretta, scivolano via e diventano altro e alla fine può capitare che non si sa bene cosa sia quella relazione che si sta vivendo, come si possa definire e chiamare.
L’amore, a volte tanto desiderato e atteso, quando c’è si comporta come una grande spada di Damocle che ci può colpire per svariate ragione: perchè non è abbastanza, perchè lo si vuole controllare, perchè le intenzioni non sono condivise e le progettualità molto diverse.
Spesso è la paura della sofferenza a fare da rallentatore, a proteggerci da presunte bufere e a tenere il freno a mano tirato nella relazione, per fare in modo che non prenda velocità e non richieda, perciò, brusche frenate. Ma dove si va senza rischiare? Dove porta una strada completamente sicura e riparata da scossoni e bufere?
L’esposizione affettiva ed emotiva è solo un optional della relazione d’amore, come il volante in pelle e i sedili avvolgenti della mia utilitaria, oppure rappresenta una condizione necessaria ma non sufficiente per fondare una relazione?
Alcune manifestazioni dei nostri amori ci fanno apparire poco belli, perchè espongono e mettono in piazza le nostre parti di ombra e fragilità: rabbia, mancanza, gelosia, invidia, frustrazione… e l’amore assume tinte fosche e appare denso di lati oscuri e non ci da più piacere. Forse, in questi momenti, le nostre relazioni d’amore possono essere tessute solo con coraggio e pazienza, che non hanno nulla a che fare con la dipendenza e la passività, ma con la capacità di sostare nelle relazioni che dovrebbe aumentare con il diminuire della linearità e delle certezze.
L’amore non bisogna implorarlo e nemmeno esigerlo.
L’amore deve avere la forza di attingere la certezza in se stesso.
Allora non sarà trascinato, ma trascinerà.
(H.Hesse – Demian – )